Comunità Papa Giovanni XXIII

CON GLI ULTIMI SULLE STRADE DEL MONDO…

LA MISSIONE DELLA COMUNITA’ DI DON BENZI CON LE CASE FAMIGLIA NELLE PARROCCHIE.

 

La Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23), fondata nel 1968 da don Oreste Benzi, è un’associazione di diritto pontificio. Oltre 2000 membri della Comunità in Italia e nel mondo condividono ogni giorno la propria vita con i poveri, con chi vive ai margini, con bambini abbandonati, con persone sole. Con loro si contanto migliaia di volontari: sono oltre 500 le realtà (Case Famiglia, mense per i poveri, centri nutrizionali, Capanne di Betlemme per i senza tetto, comunità terapeutiche, cooperative sociali e case di accoglienza) che hanno aperto i battenti in 50 anni in oltre 40 Paesi del mondo. L’Associazione è un’unica famiglia spirituale, composta da persone di diversa età e stato di vita, che si impegnano a rispondere alla universale chiamata alla santità, a contribuire alla realizzazione del Regno di Dio, partecipando alla missione di salvezza della Chiesa. I membri e volontari della Comunità realizzano il grande progetto del Fondatore: essere la famiglia di chi non ce l’ha. Chi risponde a questa singolare chiamata cerca, con tutte le proprie forze, di conformare la propria vita a Cristo, che compie continuamente la volontà del Padre e che si fa povero e servo nel condividere la vita degli ultimi. Secondo il proprio carisma, l’Associazione cerca di aiutare chi la sceglie nel realizzare la propria vocazione cristiana, di promuovere la condivisione diretta dei bisogni degli ultimi con iniziative personali anche estreme, che “lascino spazio all’azione dello Spirito Santo”, come insegnava Don Oreste.

 

LA VOCAZIONE

I membri della Comunità si adoperano poi per rimuovere le cause che creano l’emarginazione, e si impegnano ad agire concretamente, seguendo la dottrina sociale della Chiesa, per lavorare ad un mondo più giusto. In mille modi si fanno portavoce di chi non ha voce.

 

«La condivisione diretta della vita con gli emarginati, con i rifiutati, con i disprezzati è una strada scomoda, che obbliga a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie. È una strada che una volta intrapresa affascina, cattura, conduce ad abbandonare i falsi miti, che troppo spesso portano all’infelicità», traspare dai documenti fondativi.

 

PRESENZA ALL’ESTERO

La Comunità Papa Giovanni XXIII è attiva nelle emergenze umanitarie con progetti di cooperazione allo sviluppo ed è presente nelle zone di conflitto con un proprio corpo nonviolento di pace, “Operazione Colomba”. Dal 2006 l’Associazione di Don Benzi siede anche alle Nazioni Unite con lo Status di Consultative Special all’interno dell’Ecosoc (Consiglio Economico e Sociale), facendosi portavoce degli ultimi del mondo proprio lì dove i leader internazionali prendono le decisioni che riguardano le sorti dell’umanità.

 

DON ORESTE BENZI

La storia della Comunità Papa Giovanni XXIII è inevitabilmente intrecciata alla storia del suo fondatore. Oreste Benzi nasce il 7 settembre 1925 a San Clemente, nell’entroterra riminese, da una famiglia povera, sesto di nove figli. Diventa sacerdote nel 1949, e da subito si occupa dell’educazione degli adolescenti e dei giovani.

 

Negli anni 60 aveva lanciato le prime attività di condivisione diretta della vita con gli ultimi, chiamando a raccolta giovani ed adolescenti della sua Parrocchia. In un campo estivo, vissuto insieme ad un gruppo di persone con disabilità, i suoi ragazzi nel 1968 hanno dato vita alla Comunità Papa Giovanni XXIII, riuniti dal motto «dove andiamo noi, anche loro». Negli anni seguenti è iniziato l’impegno contro la tratta delle donne e da allora 7.000 ragazze sono state salvate dalla tratta ai fini della prostituzione. Don Oreste ha ispirato e condotto la Comunità fino al 2 novembre 2007, giorno in cui è tornato al Padre. Oggi per don Benzi si è aperto il processo di beatificazione.

 

LE CASE FAMIGLIA

Cosa caratterizza le accoglienze dei figli spirituali di Don Oreste Benzi? Le loro Case Famiglia sono famiglie un po’ speciali. La presenza innovativa, è quella, nella maggior parte dei casi, di una mamma ed un papà, che fanno della scelta di aprire le porte di casa uno stile di vita. Non ci sono operatori che si turnano, retribuiti ad ore. Inoltre, non ci sono case specializzate per la disabilità, o per i minori vittime di violenza, o per stranieri: vivono tutti insieme, aiutandosi gli uni gli altri, in famiglie allargate. È un modello di accoglienza inedito che ha trovato recentemente fondamenta in uno studio realizzato dall’Università IUSVE di Venezia. La Comunità conta oggi 201 case famiglia in Italia e 50 all’estero. A queste vanno aggiunte 34 comunità terapeutiche per le persone vittime delle dipendenze, 21 unità di strada contro la prostituzione, 15 cooperative sociali, 6 comunità educanti con i carcerati (CEC), presenze di membri in 42 paesi del mondo. Dal ’68 continuano a fiorire le iniziative accanto ai più emarginati, come le Capanne di Betlemme per l’accoglienza degli homeless, o le normali famiglie che si sono affiancate alla Comunità nell’aprire la porta della propria casa all’accoglienza. Le case famiglia, prima di essere strutture fisiche, sono strutture affettive: sono famiglie, sono papà e mamme, che donano il loro tempo, il loro impegno, donano la loro vita a bambini disabili, persone sole e abbandonate e chiunque necessiti di essere accolto e aiutato ogni giorno. Ogni minuto, ogni parola, ogni gesto è speso per i più indifesi, svantaggiati, emarginati. 24 ore su 24, sette giorni su sette: una Casa Famiglia non smette mai di essere, prima di tutto, una famiglia. In questo modo il modello educativo vuole rispondere alla necessità essenziale e profonda di chi viene accolto: è il bisogno di sentirsi amati e di essere utili ed importanti per qualcuno; in definitiva si tratta del bisogno di una relazione significativa con un papà e una mamma, che tutti hanno. La relazione individualizzata con le figure paterna e materna e le relazioni che nascono fra le persone accolte creano un ambiente terapeutico che lenisce e cura le ferite, che rigenera nell’amore, che riaccende la speranza nella VITA. Nella Casa Famiglia le persone accolte, bimbi, anziani, ex carcerati, non si sentono quindi assistite, ma scelte . La Casa Famiglia opera affinché le persone, specialmente se minori, possano ritornare nella propria famiglia d’origine o acquisire una propria autonomia personale. Quando questo non è possibile, spesso la casa diventa l’unica vera famiglia per le persone accolte; sono molti i bimbi che vengono adottati.

 

LA PRESENZA IN DIOCESI

La casa famiglia della Papa Giovanni si inserisce nel territorio e nel tessuto sociale in cui opera, aprendosi alla collaborazione con le strutture sociali pubbliche e private presenti, senza venir mai meno all’ispirazione cristiana che la orienta e la anima.

Nella Diocesi di Termoli-Larino, su invito del Vescovo, sono presenti due case famiglia Apg23: una a Termoli a Difesa Grande, presso la Parrocchia di Santa Maria degli Angeli, gestita da Enzo e Annamaria Ceresa; un’altra a Larino, presso la Chiesa dei S.S. Martiri Larinesi, di Amleto e Alessia Altieri. La loro Porta è sempre aperta!

CONTATTI:

Realtà della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII:

Casa Famiglia “Santa Maria Goretti ” presso Parrocchia Santa Maria degli Angeli a Difesa Grande- Termoli.

Referenti: Enzo e Annamaria Ceresa, cellulare 3482631106.

Casa Famiglia “Laudato Sii” presso canonica della Chiesa S.s. Martiri Larinesi via don Luigi Sturzo 2A Larino.

Referenti: Amleto e Alessia Altieri cellulare 331 7448979- 3482624474.

Referente della Comunità in Consulta Diocesana: Alessia Ciarciaglini Altieri cell. 3317448979 email amletoaltieri@apg23.org