Colletorto, i fuochi di Sant’Antonio Abate raccontano l’identità del paese

Lo stupore dei più piccoli, le emozioni che si rinnovano nei volti dei più grandi: quella dei fuochi di Sant’Antonio Abate a Colletorto resta una tradizione speciale, che fa parte dell’identità di ogni colletortese. Di chi vive in paese, di chi abita lontano, di chi torna e di chi non può farlo ma vorrebbe appena può. È un pezzo di storia, è la bellezza di un vero e proprio rito che si tramanda tra le generazioni. Una giornata speciale, accompagnata da un tempo incerto, fatta di gesti semplici e significativi. La raccolta della legna (anche se sarebbe bello ritrovare i bambini con le carriole alla ricerca ‘du p’zzarell’), l’allestimento dei fuochi fatto con cura e passione, la preparazione dei piatti tipici e molto altro. Riprendere questa usanza, dopo lo stop imposto dalla pandemia, significa ripartire con rinnovato entusiasmo e consolidare la propria identità aprendosi sempre all’accoglienza con amore, genuinità e senso delle relazioni. Una decina i falò accesi dai piedi della torre Angioina fino al colle, grazie all’impegno delle associazioni, come la Pro loco e il gruppo storico, delle famiglie, delle comitive di giovani e giovanissimi. Al termine della santa messa celebrata nella chiesa del Purgatorio, il parroco padre Vincenzo Bencivenga ha benedetto l’accensione dei vari falò in un’atmosfera intima e partecipata. In particolare, grazie all’impegno dei volontari della Pro loco, un gruppo ha indossato il tradizionale ‘pastrano’, un cappotto pesante utilizzati dai nonni e dai bisnonni, guidato da un inedito Sant’Antonio Abate a suon di canti e balli. Tutto è stato molto emozionante nel condividere un momento pieno di significato in cui Sant’Antonio Abate esprime un messaggio di unità, collaborazione e cura del creato.

Si ringrazia Nicola Mastrogiuseppe