L’uomo ha sete di Dio: il valore della testimonianza. Conclusa a Rotello la festa eucaristica

Domenica 20 novembre la comunità di santa Maria degli angeli di Rotello, ha rivissuto l’annuale festa Eucaristica. Quest’anno il parroco don Marco Colonna, a seguito dei due lunghi anni di pandemia vissuti, ha fortemente voluto sottolineare l’importanza di questa festa, organizzando una serie di incontri volti ad aiutare la comunità a riflettere sull’importanza della celebrazione Eucaristica e sul recupero comunitario della sua più intima natura.

I fedeli tutti, cogliendone la genuinità e l’importanza di recuperare una visione più ampia della partecipazione all’Eucarestia, sono accorsi numerosi ai tanti incontri che hanno arricchito la settimana, preparandosi nel migliore dei modi, a una solennità molto importante per il popolo rotellese. Un considerevole numero di fedeli del luogo, provenienti dal circondario del basso Molise, ma anche dalla vicina puglia ha affollato la bellissima chiesa Santa Maria degli Angeli, definita da Mons. D’Ambrosio nella celebrazione da Lui presieduta domenica, la più bella chiesa della diocesi. L’adorazione Eucaristica quotidiana è stato il filo conduttore di tutte le attività organizzate nei vari giorni che hanno preceduto la festa di domenica. Le importanti testimonianze di giovedì della prof. Cristina Cornacchione e di Padre Maurizio De Sanctis. La straordinaria omelia e presenza di Don Cosimo Schena, l’emozionantissimo momento di testimonianza di Antonella Salvato, mamma di Giovanni Bergantino, la catechesi del diacono don Francesco Armenti e il collegamento streaming con le monache clarisse del monastero di Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Venerdì 18 novembre, al termine del vespro guidato da Fra Gabriele Violante, la comunità si è collegata tramite piattaforma con le clarisse di San Benedetto del Tronto. Dopo i saluti iniziali del parroco don Marco, ha preso la parola Rachele Barbieri, membro del consiglio pastorale parrocchiale, che a nome della comunità ha rivolto alle suore un piccolo saluto a nome dell’intera comunità parrocchiale. “Sono una mamma innamorata della vita e dei propri figli un amore essenziale e senza condizioni… come quello che ha guidato la bellezza della vostra scelta alla Sua chiamata. Nella condivisione e nella preghiera cercate di seguire l’esempio di Francesco e Chiara con umana tenerezza vi affidate a Cristo eucaristia ogni giorno… aiutate con la vostra testimonianza e le vostre preghiere questa comunità a ricercare sempre quell’amore essenziale e puro in Cristo Eucaristia. Così, con brevi e concise parole, Rachele ha tracciato il proseguo della conversazione, richiamando la centralità del rapporto comunitario con l’Eucarestia. Dopo i saluti e le presentazioni, è stato subito chiesto all’abadessa Suor Graziana, di raccontare la storia della sua vocazione. Ripercorrendo le tappe salienti della scelta celibataria, suor Graziana, ha sottolineato che la vita monastica non è fuga dal mondo, ma il modo più alto di entrare nel mondo per elevarlo al cospetto di Dio. Nel suo racconto ha sfatato tanti falsi miti sulla vita contemplativa, portando i presenti ad acquisire una nuova concezione della clausura. Questo raccontarsi ha fatto sorgere una domanda importante in una parrocchiana: sente mai la tentazione del diavolo? A questa domanda suor Graziana ha risposto in modo inaspettato, solitamente si è abituati a sentirsi rispondere affermativamente. Invece, suor Graziana è partita dalla consapevolezza che la vita di ciascuno è fatta di scelte. Esse spesso sono condizionate dalla nostra sensibilità, dal momento concreto e dai valori in cui crediamo. Scelte che spesso possono risultare buone o negative, ma nel porre quelle determinate decisioni influisce sempre la nostra libera volontà. Quindi la responsabilità ultima del bene o del male che facciamo, rimane sempre una nostra libera decisione. Quindi non possiamo imputare ad altri le colpe degli errori che commettiamo, ma vi è la necessità di assumersi in modo maturo, le responsabilità degli atti che compiamo. A conclusione del lungo incontro, Suor Graziana ha tenuto a lungo intervento sull’importanza dell’Eucarestia. Partendo dall’assenza della celebrazione Eucaristica durante il lungo periodo del lockdowun pandemico, ha illustrato come spesso persino nella vita religiosa, l’Eucarestia possa diventare una routine a cui ci si abitua e, talvolta, la si da per scontato perdendone il vero senso. L’assenza ha ingenerato nella comunità una profonda riflessione, non solo sull’importanza della celebrazione Eucaristica, ma ancor più sulla modalità in cui i singoli membri la vivono e la percepiscono. Da questa lunga riflessione è sorta la necessità di rileggere l’esperienza di fraternità, come comunità che vive una continua liturgia che ruota attorno alla celebrazione Eucaristica come fonte da cui si ingenera lo stare insieme, e come culmine verso cui tendere in ogni singola azione quotidiana. La celebrazione Eucaristica è il luogo concreto in cui apprendere le modalità dello stare insieme e verso cui tendere nel vivere la sororità. L’essere sorelle, nasce dalla consapevolezza che in quel pane spezzato, vi è una unità intima che collega tutte all’Unico Sposo, che è il senso profondo della scelta comunitaria. Suor Graziana sottolinea come senza Eucarestia, non esisterebbe la comunità. La pandemia è stato il luogo privilegiato, di cui Dio si è servito per favorire la riscoperta dell’importanza della Celebrazione Eucaristica. Altro tema importante è stato quello dell’unità e del perdono. Ha sottolineato come è inevitabile che all’interno della comunità si creino dei disguidi, delle incomprensioni e talvolta anche litigi, ma la celebrazione Eucaristica è il momento in cui tutte le fratture createsi vengono superate. La consapevolezza del divenire un solo corpo e un solo spirito, sono il motore che muove al perdono e alla riconciliazione, superando il personalismo e riconoscendoci parte di un tutto più grande che è Dio. Quindi la messa non è solo un atto celebrativo, ma il momento in cui permettiamo a Dio di sanare le nostre ferite, aprendoci all’ascolto e all’accoglienza dell’altro. Tema ampiamente toccato da don Francesco Armenti nella celebrazione di sabato 19 settembre. Partendo dalle risposte dei due ladroni crocifissi con Gesù, don Francesco ha sottolineato come il primo santo della storia è un malfattore. Un poco di buono condannato a morte. Nella nostra quotidianità siamo chiamati a vivere l’esperienza del ladrone. La consapevolezza che le nostre miserie non sono da impedimento alla richiesta di perdono, anzi sono la via privilegiata per ricevere da Gesù la medicina di cui abbiamo bisogno. Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo regno! Il grido che deve salire quotidianamente dal cuore dall’intera comunità. Siamo un popolo salvato per le miserie che ci fanno sperimentare la morte, per divenire in Cristo persone risorte. Solo in Gesù le disparità diventano uguaglianze.

LE TESTIMONIANZE DEI PARTECIPANTI

Gisella: Premetto che sono stati giorni impegnativi ma meravigliosi …. La prima sera, durante la celebrazione eucaristica, officiata da Padre Maurizio o padre Nike, ho provato tanta gioia e serenità; mi ha trasmesso che possiamo affrontare ogni giorno della nostra vita, i momenti belli e meno belli, lodando e ringraziando instancabilmente il Signore.
La seconda sera la simpaticissima suor Graziana delle Clarisse , mi ha fatto riflettere sull’importanza delle vocazioni. Fino a quando non ha capito quale fosse la sua strada nessuna gioia la rendeva felice. La felicità è arrivata quando il Signore l’ha illuminata e ha deciso di affidare totalmente la sua vita a Lui.
Ho avuto, anche il piacere di conoscere da vicino Padre Cosimo, mi ha colpito per il suo bellissimo sorriso. Ha decantato l’amore in tutte le sue sfaccettature, mettendo in evidenza la grande forza dell’ Amore che riesce a risanare tutte le ferite degli uomini, fino ad arrivare a Dio. Mi ha fatto riflettere anche sul perdono e sull’accoglienza.
La terza sera, sono rimasta colpita dalla testimonianza di Antonella e del marito, due genitori che hanno dovuto affrontare una prova molto dura e dolorosa: la morte prematura del figlio Giovanni di soli 16 anni. Sono rimasta conquistata dalla semplicità con cui la mamma ha raccontato il calvario della malattia vissuta da Giovanni che non si è mai arreso e non ha rinunciato a vivere una vita normale. Sia la famiglia che il ragazzo hanno affrontato la sofferenza in modo sereno mettendo al centro nostro Signore Gesù.
Se ci si affida a Lui, tutto si può affrontare, anche la prova più dolorosa. Resteranno sempre nel mio cuore testimoni dell”Amore di Dio.
L’omelia di don Francesco ha posto l’accento su Gesù, Re dell’ Universo, che risplende nella Luce quando noi risplendiamo. Il Cristiano non è colui che fugge dal mondo, ma è colui che si fa carico del mondo.

Clementina: Anzitutto vorrei ringraziare il nostro parroco don Marco, per aver pensato a tutto nei minimi dettagli, organizzando questa meravigliosa settimana. Poi vorrei esprimere anche la gratitudine profonda di tutta la di tutta la popolazione, che ha partecipato numerosa a questi momenti ricchissimi di fede. È stata molto intensa, con una numerosa partecipazione della popolazione di Rotello, della mia e di molti da fuori. Dei primi tre giorni di preparazione, ricordo con immenso piacere la celebrazione solenne dei vespri al termine dell’Adorazione. Ricchi di fede vissuta in cui ho sperimentato l’amore di Dio sulla mia pelle. Poi i tre giorni arricchiti dalle testimonianze. Giorni bellissimi in cui abbiamo toccato, l’apice della fede. La celebrazione vissuta con padre Nike mi è arrivata all’anima. Il suo modo semplice, diretto e schietto del parlare con Gesù Eucarestia nel momento dell’elevazione, mi è rimasto profondamente impresso nei ricordi, una cosa bellissima. Lui è proprio innamorato di Gesù, questo mi è rimasto tanto nel cuore. Il culmine lo abbiamo raggiunto sabato con la testimonianza dei genitori di Giovanni. Abbiamo toccato con mano la fede, dalle loro parole, ho capito che la fede ti insegna a superate tutto, anche il dolore. Perché se tu apri il tuo cuore a Dio che ama, in Gesù, saprai superare tutto. In Gesù tutto diventa diverso, come ha detto don Cosimo: è lui la medicina; è l’Eucaristia La medicina; è Gesù che trasforma tutto e tutti. La testimonianza di Antonella e Mario è stata un insegnamento grande. In modo particolare mi ha colpito Mario, perché si sa le mamme, noi mamme, per noi i figli sono tutto. Come ha detto Antonella al termine della testimonianza, li portiamo nel grembo nove mesi. Li sentiamo nostri già prima che nascono. Però Mario mi è rimasto impresso per la sua serenità e grande fede. Infatti al termine della testimonianza mi sono fermata a parlare con lui. Gli ho detto: ti ringrazio per la tua serenità, perché lui veramente era e viveva nella Grazia di Dio. Cioè come per dire: io ho avuto Giovanni, l’ho avuto per poco, però te lo consegno con tutto il cuore Gesù. Glielo hanno consegnato con tutto con tutto il cuore, questa serietà di questi genitori è disarmante. Poi la processione di domenica è stata bellissima, molto vissuta specialmente da me come dalle tante persone. C’erano veramente tante persone. È stata una bellissima settimana da vivere più spesso, secondo me, perché fa bene al cuore, fa bene all’anima e fa bene alla Fede. Ti arricchisce tanto.

Rosilde: io ho vissuto un’esperienza bellissima, perché da 22 anni non vivevo più questi momenti. Già lo scorso anno, mi ero ripromessa di viverla, però non ci sono riuscita, avevo tanto dolore. Però quest’anno ho detto devo farcela. La settimana è stata intensa viverla, è stata come se qualcuno mi spingeva e dovevo venire in chiesa. Ho fatto anche la processione come facevo tanti anni fa. Vorrei che questo messaggio arrivasse anche alle persone che sono lontane da te Gesù, perché non è vero che non abbiamo tempo da dedicare al Signore. Basta volerlo.

Barbara: ogni giorno cresceva sempre più il desiderio di unirmi in preghiera. La testimonianza della prof. Cornacchione, sul congresso Eucaristico “torniamo al gusto del pane”, è stata un invito a radunarci intorno alla mensa del Padre per assaporare l’Eucarestia, per condividere il corpo di Cristo come comunità. Credo sinceramente, che don Marco sia riuscito, con questi giorni, a farci comprendere l’importanza dell’Eucarestia per la nostra comunità. Inevitabile il mio pensiero… mi sono detta: in questo tempo che mi sfugge, fermati ad assaporare “il gusto del pane” linfa della mia anima. Quella stessa linfa che poi ho ritrovato in padre Nike “il ballerino di Dio”. L’eterno innamorato dell’Eucarestia, il quale ha portato una ventata di novità, armonia e convivialità nell’adorare Dio. Quella lode semplice e spensierata ricca di entusiasmo che ci ha fatto accostare all’eucarestia con serenità, semplicità nel desiderio di parlare con Dio. Momento unico di confessione e richiesta personale, facendoci capire che Dio è in mezzo a noi. Quel modo di gridare “Alleluja, alleluja. Gesù è tutto. È stato un tuffo nel passato, alla bellissima esperienza vissuta in tendopoli, esperienza veramente sentita, ricca di gioia, lode ed armonia fraterna. È arrivato al cuore di tutti, anche con il ballo, ed è stato bello vedere negli occhi di grandi e piccoli lo stupore di vivere con gioia la chiesa, quel nuovo modo di vedere Gesù vivo in mezzo a noi. La testimonianza di Antonella e Mario è stata veramente unica, toccante e disarmante. Mentre lei parlava, io mi sentivo sempre più coinvolta, sempre più spinta ad ascoltare, sentendomi catapultata ed incollata in un’altra realtà e quando i nostri sguardi si incrociavano, quegli occhi, quel cuore si parlavano. Ad un certo punto mi sono sentita letta dentro. Mi sono sentita un libro aperto, quel libro che testimoniava gioia, dolori e sofferenze, ma allo stesso tempo sentivo che qualcosa mi stava risanando. Ho avuto paura, ma poi mi sono lasciata travolgere e sono scoppiata in un timido pianto liberatorio di condivisione, misto a dolore di madre, figlia e sorella. C’è stata poi quell’empatia reciproca, che però mi ha portata a stare lontano a loro dopo la messa, non ce l’ho fatta a salutarli ma, oggi, con un desiderio i rivederli. Don Francesco Armenti è stato il massimo del mio sentirmi travolta, incantata durante la sua omelia, abbracciata dalle sue parole che mi hanno portato a pensare che: Dio è amore e bisogna toccarlo con il cuore, ma bisogna volerlo e io l’ho voluto, l’ho cercato ed è arrivato! È con noi, tra noi e anche questa volta me ne ha dato conferma e testimonianza. Come d’incanto mi stupisce lui intercede silenziosamente dove io, purtroppo non posso arrivare… nei cuori altrui, nelle coscienze altrui. Sono arrivata con molto entusiasmo, alla fine del percorso Eucaristico, toccando con mano le tante bellissime e soggettive emozioni, giungendo a una conclusione: tutto dipende dall’intensità di luce che abbiamo dentro. Grazie don Marco per tutto.

Elio: Voglio ringraziare don Marco per avermi dato l’opportunità di pregare con la comunità di Rotello. Una settimana molto bella, ricca di fede, di fraternità semplice e di profonda preghiera. Io sono profondamente innamorato dell’Eucarestia, quindi tutto quello che si riferisce a Gesù Eucaristico diventa per me un paradiso. Voglio inoltre ringraziare la comunità di Rotello, per la sua accoglienza. Bellissime le testimonianze sia dei celebranti, che la toccante testimonianza dei genitori di Giovanni. Veramente molto, molto forte per la loro fede matura e salda.

Don Marco: ho vissuto questa settimana, intensa e sicuramente anche molto faticosa, con uno spirito profondamente riconoscente a Dio, per quanto dà ogni giorno alla mia vita. Sono giunto a domenica sera con una consapevolezza nuova che ho appreso da un bambino: voce d’angelo. Così mi piace chiamarlo, nomignolo dato da fra Luca quando venne a Rotello. Un bimbo che nella semplicità tutte le sere non è mancato mai all’adorazione e alla messa. Durante il canto del vespro, si univa con convinzione al canto dei salmi, al canto degli inni. Una voce di tale soavità da far schizzare il cuore dritto davanti al trono di Dio. Quella leggerezza parla al cuore, facendomi capire che solo chi ha quella innocenza limpida, come la voce di un bimbo può raggiungere le alte vette della contemplazione. Spesso ci appesantiamo di grosse voci, timbri scuri che non riescono a bucare il soffitto dei nostri bei templi, figuriamoci se riescono ad arrivare al cuore di Dio. Spesso appesantiamo il nostro cuore delle tante, troppe convinzioni, dimenticandoci la spontaneità con il quale i bambini vivono argomenti pesanti come quelli trattati nelle testimonianze. Una lacrima ha solcato il mio visto, nel sentire la sua voce sovrastare quella delle tante attempate signore presenti, in un canto talmente vecchio da far sentire giovani anche più in là con gli anni. Eppure quella voce rendeva un canto antico, un nuovo canto a farci capire che non sono le cose ad essere passate, ma come le cantiamo e viviamo. La capacità di ringiovanire quotidianamente la nostra adesione a Cristo, perché ogni incontro sia sempre una novità. Quello che suor Graziana ci diceva nella sua testimonianza. O la presenza di don Cosimo, capace di sbriciolare l’iniziale scetticismo del belloccio di turno, in un’anima immensa, capace di penetrarti nel cuore per la sua profondità di spirito e non per il suo aspetto fisico. L’energia di padre Maurizio, nell’esprimere liberamente il pensiero del cuore, oltre quello che la mente non osa dire. La bellezza di Cristina capace di trasmettere l’incanto dell’incontro con Dio, con il velato rossore sulle guance di chi si sente intimamente amata da Gesù. Alla fierezza di don Francesco, nel parlare della sua esperienza dell’incontro con un Gesù, che ha un nome e un volto ben preciso. Quel Gesù che si fa prossimo nelle varie circostanze della nostra vita, soprattutto quando tutto ci sembra perduto. Come il ladrone, anche al termine della nostra esperienza terrena, Lui è lì pronto con le braccia spalancate come sulla croce. Il capo chino sulle nostre miserie, pronto a guardarci pieno d’amore per rasserenarci: oggi come me, sarai in paradiso. Alla serenità di Antonella e Mario, nel sapere che Dio ha per ciascuno di noi un progetto d’amore, che passa attraverso il travaglio della croce, ma giunge sempre alla gloria di quella tomba vuota e al “Maria non mi trattenere”. Loro hanno imparato a non trattenere Gesù e ci testimoniano che quell’incontro, cambia completamente la vita. Da questa settimana porto con me, la consapevolezza che l’uomo ha sete di Dio, lo cerca e troppo spesso noi sacerdoti dimentichiamo che siamo ministri del “Mistero”, servi della trascendenza. Siamo chiamati ad avvicinare l’uomo al suo Creatore, proprio per questo abbiamo bisogno di recuperare, nella nostra quotidianità, l’esperienza di ciò che trascende l’uomo, di tutto ciò che ci eleva alla città celeste. Sono uno straniero e forestiero, sono uno spurio a questa terra e a questo mondo, pellegrino errante in continua tensione verso la patria da cui provengo, con il cuore e la mente fisso al Padre che aspetta il mio ritorno. Consapevole di avere una Madre che mi sostiene nel mio vagare, spesso errante, verso la meta e una matrigna che prova la mia temperanza. Amici che mi sostengono e patrigni che ci demoliscono fiaccando il nostro procedere. Uno Spirito sempre pronto a sanare le ferite, rinvigorire le membra stremate e concedere un nuovo slancio nella lunga corsa verso la Patria beata. Porto con me sguardi, voci, lacrime, sorrisi, abbracci, conoscenze e riconoscenze. Porto con me la consapevolezza che Dio non ci abbandona mai, soprattutto nelle difficoltà e che perdere, molte volte, significa vincere.

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