Una traccia della Carrese di San Martino in Pensilis al Cristo velato di Napoli

Per fare una visita a Napoli non c’è bisogno di un motivo: il motivo per visitare Napoli è Napoli stessa. Nei vicoli di Napoli non è possibile sentirsi ospiti perché tutti si viene accolti come in un grembo materno. Passeggiando per il centro storico di Napoli (dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità) non possiamo esimerci dal fare una sosta alla Cappella Sansevero dove i nostri occhi già ebbri di bellezza partenopea, esprimeranno tutto lo stupore e l’incanto dinanzi al Cristo Velato.

La Cappella Sansevero, era nata, nel 1500 come cappella votiva, poi, nel 1750 diviene cappella sepolcrale dei principi Sansevero dei Marsi e Di Sangro. La Cappella Sansevero sembra accogliere un concentrato architettonico e scultoreo unico nel suo genere e che ha nel Cristo Velato il suo apice. Se alziamo lo sguardo, nella volta della cappella possiamo vedere iconografati, sei santi appartenenti a questa antica e nobile famiglia: Randisio, Berardo cardinale, Berardo vescovo, Rosalia, Filippa e Odorisio (a volte Oderisio) abate. Su questo santo, Oderisio, si concentra la nostra attenzione. Oltre al dipinto sulla volta della cappella Sansevero, nell’ultima cappella laterale sulla destra, di fronte all’altare di Santa Rosalia, si trova il monumento dedicato a Sant’Oderisio, cardinale e trentanovesimo abate dell’abbazia di Montecassino, uno dei santi protettori della famiglia di Sangro.

L’opera fu realizzata da Francesco Queirolo nel 1756, risultando quindi coeva all’altare di Santa Rosalia. La statua raffigura Sant’Oderisio inginocchiato su un cuscino di porfido, accanto al quale è posato il cappello cardinalizio. Il santo appare in atteggiamento mistico e con i lineamenti particolarmente espressivi. La bravura del Queirolo è inoltre notabile nella realizzazione delle vesti. Oderisio, conte dei Marsi fu monaco benedettino, creato cardinale dal papa Alessandro II, nel 1087 divenne il 39 abate di Montecassino, successore del famosissimo abate dello stesso monastero Desiderio ( eletto vescovo di Roma con il nome di Vittore III). Oderisio fiancheggiò molto le crociate e a loro favore scrisse lettere anche all’imperatore di Costantinopoli Alessio II. Oderisio ebbe una spiccata pietà per i defunti. Da abate stabilì che per commemorare un monaco defunto, immediatamente dopo il decesso, per trenta giorni venisse nutrito un povero così che la carità potesse giovare al defunto e soprattutto al povero. Per la Commemorazione dei defunti elaborò una raccolta di salmi, cantici e alcune preghiere da lui composte da recitare quotidianamente con l’aggiunta di una messa da celebrare ogni venerdì.

Durate l’abbaziato di Oderico, si celebrò il terzo Sinodo di Melfi ( iniziò il 10 settembre e si protrasse per una settimana) presieduto dal papa Urbano II. L’abate inviò dei suoi rappresentanti tra i quali Leone Marsicano (Iniziatore della Cronache Cassinesi, opera fondamentale ma portata a termine prima da Guido e poi da Pietro Diacono) che redige un resoconto del sinodo. Il testo del 1089 fu poi trascritto da Pietro Diacono (Registrum al foglio 234 numero 557) e giunge fino a noi. In questo testo per la prima volta compare nella storia il nome di San Martino per una diatriba tra l’abate di Montecassino Oderisio e il vescovo di Larino Guglielmo su chi poteva rivendicare il diritto di possesso sul monastero di San Nicola situato nei pressi della porta del Castello di San Martino. Il contenzioso di risolse pacificamente: il vescovo Guglielmo riconosce il possesso di Montecassino sul monastero di san Nicola mantenendolo però nelle pertinenze diocesane durante la vita di Guglielmo. I monaci chiesero che questo accordo fosse gravato dalla condizione, accettata vescovo Guglielmo, che ogni anno fossero inviate al Monastero di Montecassino cento ottime seppie o anguille per la festa del fondatore.

Ancora oggi nei giorni di San Leo, precisamente il 29 aprile, il popolo delle carresi di San Martino in Pensilis, offre un pasto a base di seppie e piselli (che forse all’origine era un piatto di seppie e fave oppure di seppie e farro). Potrebbe l’abate Oderisio che riposa nel cimitero di Montecassino e che ha il suo monumento funebre nella Cappella Sansevero a Napoli essere all’origine di questa tradizione? Con il suo governo, Oderisio, accompagna Montecassino al tramonto dell’XI secolo, periodo di massimo fulgore dell’abbazia. La chiesa cattolica venera Oderisio come santo e ne fa memoria il 2 dicembre, giorno della sua nascita al cielo. La prossima volta che andrete a visitare il Cristo Velato di Napoli se sentite odore di seppie e piselli forse è Oderisio che vi invita a pranzo… e se sentite qualche scalpitio probabilmente esso altro non è che l’eco della nostra corsa dei carri.

Don Nicola Mattia

Il Cristo Velato – Museo Cappella Sansevero Napoli – opera di Giuseppe Sanmartino 1753